Attilio Rossi, l’astrattista che si divideva tra esistenzialismo e primitivismo in una retrospettiva ricca di inediti
L’astrattismo della pittura di Attilio Rossi è costruito secondo una ben precisa geometria impostata su nuovi rapporti tra colore e dinamismo plastico, attraverso la mediazione spazio-luministica che determina nuovi ritmi e vibrazioni di lirica suggestione. Gli viene riconosciuto un talento notevole nell’accostare forme geometriche in maniera serena ed armonica, con una tavolozza di colori caldi che ne tradiscono l’origine lombarda e ne segnano l’originalità rispetto ai coevi astrattisti dell’Europa settentrionale e orientale, quali Laszlo Moholy-Nagy, Kazimir Malevic e Piet Mondrian.
In ricordo del grande artista, ad anni della sua scomparsa, lo staff di Mediarte-Italia espone sei opere di collezione privata, per rinnovarne la memoria e rivivificarne l’apprezzamento da parte degli estimatori e per diffonderne la conoscenza presso i collezionisti e gli amanti dell’arte, affinché una importante personalità della pittura del ‘900 venga riscoperta e rivalutata nella sua autentica significanza culturale e storica.
La pittura di Attilio Rossi, allievo e amico di Giulio Turcato, dopo le prime prove di matrice astrattista, si evolve espressionisticamente fino a mediare le varie influenze dovute al contatto con diverse realtà e correnti per approdare poi ad una sintesi formale ai limiti del figurativismo, ad una sorta di scomposizione bidimensionale del reale che trae spunto dal Cubismo come da un desiderio di ritorno ad un primitivismo di stampo bizantino e bretone, che da vita a un linguaggio e a uno stile proprio e massimamente riconoscibile. Suoi temi e motivi quelli della quotidianità: nature morte, paesaggi e la celebre e iconica, misteriosa e arcana “ figura astratta di Attilio Rossi ”.
Senza mai prescindere da una visione prettamente umanitaria ed esistenzialista dei suoi soggetti. Il soggiorno a Milano dal’55 accende di cupi bagliori e concrezioni materiche la superficie dell’opera, i grattacieli della moderna società industrializzata si stagliano ad opprimere spaurite figurine umane in primo piano.
La sintetizzazione in campiture cromatiche modulari vede negli anni ’70 l’introduzione nelle sue composizioni di un ulteriore elemento, lo “specchio magico”: struttura narrativa in cui inserisce oggetti d’uso comune, figure e schematici paesaggi, talora arricchiti da inserti a collage.
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