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Thomas Dane: “Nell’arte ci sono più speculatori che collezionisti”

 

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La Galleria Thomas Dane rappresenta alcuni tra i più importanti artisti contemporanei, ha un programma internazionale e il calendario delle mostre offre una vasta gamma di media, tra cui scultura, installazione, pittura, video, film e fotografia. Ai due spazi espositivi attuali, al 3 e all’11 di Duke Street, nel quartiere di St. James, a Londra, se ne aggiungerà un terzo a Napoli all’inizio del 2018.
Thomas Dane, lei ha iniziato la carriera nell’arte come consulente?
«Avevo la mia nicchia. Mi definisco un mercante d’arte. Ho sostenuto alcuni progetti di artisti in cui credevo».

Per esempio?
«“In and Out of Love” di Damien Hirst, in Woodstock Street, a Londra, nel 1991».

Quando ha aperto la sua galleria?
«Mi ci è voluto tempo. Ho lavorato a diversi progetti e collezioni. Come con Peter Simon che ha una società chiamata Monsoon. Abbiamo messo insieme una collezione dedicata per lo più all’arte non occidentale, dall’Africa all’America del Sud e all’Asia. Poi nel 2004 ho aperto una galleria in Duke Street, a St. James».

Perché ha voluto aprire una galleria?
«Perché Steve McQueen mi ha chiesto di rappresentarlo e quindi gli ho organizzato uno spazio dedicato».

Londra è una buona base secondo lei?
«Di certo è strategica e la Tate Modern l’ha messa al centro dell’attenzione. Il mercato dell’arte è andato molto bene fino al 2008, quando ci sono stati un paio d’anni difficili. Poi la gente è tornata al collezionismo, ma forse con uno spirito più orientato alla finanza».

Di che gente parla?
«Del mercato globale».

Ora la grande novità è che il 24 gennaio apre una nuova galleria in «Casa Ruffo» a Napoli. Come mai?
«Stavo cercando modi interessanti per trovare nuovi spazi espositivi per gli artisti. Napoli è una città che trovo affascinante, così come molti artisti. Apro questo spazio per loro innanzitutto e non per i collezionisti».

Napoli è famosa ma piuttosto periferica nel mondo dell’arte contemporanea, no?
«Recupero l’idea che per gli artisti sia una città in cui saranno entusiasti di esporre, per via della sua grande storia. È così straordinaria, è in Europa e fuori dall’Europa. E poi aprire una galleria a New York o Los Angeles significa solo seguire la massa».

E lei invece si vuole distinguere?
«Voglio provare a creare un percorso diverso».

In che senso?
«Un’esperienza diversa per l’artista e per me. Penso anche che Napoli abbia una ricca tradizione per quanto riguarda l’arte contemporanea. Ad esempio la galleria di Lucio Amelio ha ospitato molti artisti contemporanei. E così il Museo Madre, diretto da Andrea Viliani, che gestisce uno straordinario programma».

Ha intenzione di dare spazio anche ad artisti italiani?
«In futuro spero di sì. Rappresentiamo già due artiste italiane, Marisa Merz e Luisa Lambri».

E quali altri?
«Steve McQueen (Regno Unito), Cecily Brown (Regno Unito e New York), Glenn Ligon (americano) e altri ancora…».

Che cos’è oggi l’arte contemporanea?
«È plurale con artisti che lavorano nel cinema, nella pittura, nelle installazioni… Sì, è un mondo plurale».

Come si stabilisce oggi il concetto di talento, grande arte, capolavoro?
«Penso che sia difficile. Si parla di individui, non di movimenti. Si valuta attraverso l’istinto, la conoscenza dell’artista e la conoscenza di determinati ambienti. Mi sento a mio agio nel prendere decisioni in determinate aree. Ad esempio, conosco bene il lavoro di Steve McQueen e so che è un grande artista del nostro tempo».

Sarà in mostra a Napoli?
«Sì, non abbiamo ancora una data precisa, ma la nostra prima mostra con cinque artisti lo includerà».

Perché cinque?
«Perché nella galleria abbiamo cinque sale e quindi vogliamo dare spazio a una selezione di artisti».

Ha intenzione di passare molto tempo a Napoli?
«Spero di sì e credo che sarà necessario. Ma abbiamo anche un direttore italiano, Federica Sheehan, che ha lavorato a Torino e a Napoli».

Quante mostre vuole allestire?
«Ne abbiamo in programma tre all’anno».

Va alle fiere?
«Sì, abbiamo degli stand ad Art Basel, Basel Hong Kong, Frieze London e Frieze Masters a Londra».

Secondo lei sono utili?
«Alcune sì, ma troppe diventano problematiche ed estenuanti».

Ci sono troppi musei di arte contemporanea?
«Troppi pochi grandi musei di arte contemporanea».

Pensa che i prezzi siano esagerati?
«Sì, per alcuni artisti lo sono, ma ci si trovano opere di molti bravi artisti a prezzi relativamente bassi. Ci si concentra troppo su alcuni nomi, alcuni lo meritano, altri no. Ci sono troppi pochi veri collezionisti e troppi speculatori».

È una novità?
«All’espansione del mondo dell’arte non corrisponde necessariamente un aumento dei bravi artisti o dei bravi collezionisti. Rimangono pochi».

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