ESCLUSIVA “L’arte mi stava soffocando, non riuscivo più a dormire”, Maurizio Cattelan si racconta
Cinque anni fa Maurizio Cattelan, uno degli artisti italiani più discussi, ha deciso di prendersi una pausa. Oggi Cattelan, è pronto a tornare con un progetto in uno spazio pubblico di New York, e racconta a il Corriere della Sera perché per un periodo della sua vita ha scelto di dire basta all’arte.
“L’arte mi stava soffocando. Non riuscivo più a dormire di notte. Stavo facendo la mostra della mia carriera al Guggenheim di New York. Nel momento in cui ho detto basta ho cominciato a divertirmi.”
Cattelan, nato a Padova 56 anni fa, negli ultimi anni si è dedicato a tempo pieno alla rivista d’arte “Toiletpaper”, e ci tiene a smentire chi sostiene che il suo ritiro sia in realtà una semplice strategia di mercato.
“Veramente mi sono tolto dalle scatole proprio nel momento in cui potevo incassare…ero arrivato a un punto in cui le cose avrebbero cominciato a ripetersi e lavorare non era più un piacere”.
E all’intervistatore che gli chiede se sia innamorato, l’artista, autore della controversa opera “L.O.V.E”, risponde così.
“È curioso:ho avuto una fidanzata tutte le volte che ho fatto una pausa dal lavoro. Credo che per me il lavoro sia un surrogato della famiglia”.
Nel solco di «L.o.v.e»
Ma in vista c’è anche il ritorno nel mondo dell’arte, già cominciato lo scorso settembre con l’opera America, un water d’oro massiccio installato al Guggenheim: 73 mila «utenti» all’anno. Anche il prossimo progetto sarà a New York e in uno spazio pubblico. «Se riesco a realizzarlo, è uno di quei lavori che creerà grande disturbo e, chissà, magari metterà anche in forse la mia libertà. In questo periodo di protezionismo autarchico in America tutto è percepito «contro», soprattutto se vieni da fuori. Durante la pausa artistica ho capito che le gallerie mi interessano sempre meno. Mi appassiona più il dibattito che il lavoro suscita nel pubblico. La scultura L.O.V.E. in piazza Affari ha aperto una strada, anche se credo di non aver mai vissuto un’esperienza di quel genere, dove il mio interlocutore era un’intera città. Ognuno, ogni giorno, diceva la sua addirittura prima che il lavoro fosse installato. Intendiamoci: non è che voglio diventare Arnaldo Pomodoro, ma se riesci a far accettare lavori che hanno un certo grado di disturbo, si sposta anche il livello di dialogo e tolleranza di una città verso altre questioni».
I maliziosi sono pronti a speculare sul ritorno di Cattelan così come avevano fatto all’annuncio della pensione: strategia di marketing. Lui ride: «Veramente mi sono tolto dalle scatole proprio nel momento in cui potevo incassare. In tutta la mia carriera ho prodotto meno diquello che fa qualsiasi artista in un solo anno. Ma ero arrivato a un punto in cui le cose avrebbero cominciato a ripetersi e lavorare non era più un piacere. È stata una pausa fisiologica. Poi non sai mai dove ti portano le cose. Se le fai con sincerità, però, producono sempre benefici».
Scelte francescane
«L’esperimento di “Toiletpaper” è servito a ricaricarmi. È come quando un paziente va in analisi e un giorno decide che non ha più bisogno dell’analista. Guardando tutti insieme i miei lavori esposti al Guggenheim è stato come vedere la totalità delle mie sindromi e ho capito che non dovevo più dimostrare nulla a nessuno. A quel punto ero a un bivio: avrei potuto fare la scelta francescana e liberarmi di tutto. So che potrei, vivo con pochissimi oggetti, ma forse la mia non era una chiamata spirituale».
Non è la boutade di un artista le cui opere battono all’asta milioni di dollari. Cattelan fa una vita che lui stesso definisce «noiosa». Le sue case sono vuote. A Milano ci sono solo due sedie. A New York una, più un divano «di cortesia» per non far sedere gli ospiti sul pavimento. Legge moltissimo, sempre in inglese, ma regala tutti i libri («La mia casa coincide con lo studio. È la mia caverna»). Tutti i giorni va a nuotare nelle piscine pubbliche, a Milano alla Cozzi, che considera bellissima («La piscina è una forma di meditazione»); non possiede un’auto e in tutte le città si muove in bicicletta, ma la sua bici è un modello semplicemente comodo e ne tollera il furto come una forma di bikesharing. Considera un lusso comprare un paio di pantaloni senza chiederne il prezzo. «Le cose che mi fanno felice sono quelle che tutti abbiamo a disposizione. L’altra notte, per esempio, stavo tornando a casa in bici sotto la pioggia. Era bello, la città era deserta, mi sentivo felice e così ho allungato la strada e sono passato a godermi il Duomo».
La paura delle paure
È difficile credere che una star internazionale come Cattelan passi molto tempo da solo, senza Tv e piattaforme social. Che faccia una vita molto regolare dove l’unica cosa che esce dalla routine è il lavoro. Ma Cattelan è sempre sincero in modo spiazzante. Non nasconde nemmeno le sue angosce. «La mia paura più grande è di non dominare le paure. Il nostro ego può essere così accecante che l’esperienza accumulata non basta a rassicurarci. La morte, invece, mi preoccupa nei termini di quello che lascio: è veramente questo quello che voglio rimanga dietro di me? Ha senso quello che faccio? Da adesso in poi vorrei produrre anche un solo lavoro all’anno, ma perfetto, che sia una mia affermazione, non derivato da una necessità di mercato. Sono in una posizione di privilegio, la gente mi guarda, e ho il dovere di fare lavori che possano spostare qualcosa. Ma la verità è che, più di tutto, mi piacerebbe lasciare un orfanotrofio». E l’amore? «È curioso: ho avuto una fidanzata tutte le volte che ho fatto una pausa dal lavoro. Credo che per me il lavoro sia un surrogato della famiglia e del resto ci sono molti pupazzi ed animali fra le mie opere. Comunque non sono mai stato incuriosito dalle donne belle. La simpatia e l’intelligenza vincono sulla bellezza. Non c’è cosa peggiore che svegliarmi al mattino con accanto una persona con cui non posso fare quattro risate».
Categorie