Compra una crosta all’asta e si ritrova un Monet. Quando le bufale diventano informazione

a cura di Redazione

Si è aggiudicato per poche migliaia di euro, partecipando a un’asta, un dipinto che, adesso, potrebbe valere milioni. La tela, infatti, sarebbe attribuita a Claude Monet, maestro dell’impressionismo francese le cui opere hanno quotazioni stellari.
Protagonista della fortunata vicenda, riportata dal quotidiano piacentino ‘Libertà’, un avvocato della città emiliana, Carlo Romagnoli, collezionista e appassionato d’arte – che due settimane fa, a Milano, ha acquistato un ritratto di bambina dalle dimensioni di 104 per 74,5 centimetri attribuito al celebre artista transalpino e che, secondo Vladimir Cicognani, critico ed esperto d’arte, perito del tribunale e della camera di commercio di Bologna, sarebbe autentico.
“Sì, dire che è un Monet – ha spiegato al giornale piacentino- a mio avviso è esatto. Probabilmente è stato realizzato intorno al 1910, si tratta di un dipinto del valore di diversi milioni di euro”. Sui cataloghi, osserva, dell’opera “non vi è traccia e tra l’altro non è un paesaggio, ovvero un soggetto in cui era solito cimentarsi Monet, ma questo dipinto porta la firma del maestro in basso a sinistra. Comunque a me le firme interessano e non interessano: io ho studiato l’intera opera di questo pittore e questo dipinto lo riconosco come suo”.
“Il quadro credo non sia stato compreso – racconta nell’intervista l’avvocato Romagnoli -. L’ho studiato per giorni e notti, a mio avviso l’impianto plastico figurativo e la fluidità dei colori sono riconducibili al maestro. Monet effettuava paesaggi, è vero, ma ha anche realizzato il bambino con la tazza che era poi suo figlio jean e tra le sue opere figura anche il ritratto di bambina, ovvero il ritratto della figlia. Io ritengo quindi che questo dipinto possa appresentare una parente del maestro”.
Questa la notizia circolata su carta stampata, web e tv, fa riflettere e rientra nel genere delle bufale da provincia che prendono piede senza avere logica e fondamenta. Un po’ come le leggende metropolitane. Il buon avvocato collezionista sembra un po’ il Peppone del Don Camillo e con una certa ingenuità cavalca l’onda della cronaca mostrando di credere, in buona fede, a quello che sarà un’inevitabile buco nell’acqua. L’opera, non ha la struttura pittorica del capolavoro, ed è certamente un’opera di fattura austriaca/tedesca risalente probabilmente agli anni ’40 o ’50, di scarso valore. L’attribuzione poi è stata redatta da un esperto noto alle cronache giudiziarie per fatti più o meno analoghi, tra l’atro, casualmente lo stesso esperto sei mesi fa’ avrebbe attribuito proprio allo stesso avvocato piacentino un presunto Modigliani che solo a vederlo grida vendetta. Un capolavoro una tantum.
E poco conta che questo parere verso il Monet resti l’unica – labile, labilissima – indicazione personale che vada nella direzione del grande pittore francese. Per non parlare delle indicazioni storiche, archivistiche, documentali. Con un artista, peraltro, sotto le lenti di studiosi e autorità in ragione degli innumerevoli episodi di falsificazioni o comunque di attribuzioni per dir così “superficiali”.
Fa sorridere l’ottimismo dell’avvocato piacentino che dimostra qualche pecca dal punto di vista della conoscenza del mondo dell’arte, ma che risulta innocuo e simpatico nel suo alimentare delle speranza spropositate con nomi altisonanti e boutade che fanno riemergere il ricordo delle famose teste di Modigliani. Anche perchè, va detto, questa “attribuzione” non ha alcun valore legale e senza pareri autorevoli e senza studi di una certa rilevanza finirà nel dimenticatoio come uno dei tanti 15 minuti di celebrità, come sosteneva Andy Warhol.
Il parere di Vittorio Sgarbi
” Fanno sorridere questi pareri strampalati ma esagerando si rischia di cadere nella blasfemia, il dipinto non ha niente a che fare con Monet. Questo dipinto non ha le caratteristiche di Monet nel modo più assoluto e probabilmente è stato realizzato intorno al 1940».
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