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Editoriale – Lo stato dell’arte contemporanea

di Loris Zanrei

Da tempi infiniti il valore di un’opera d’arte rappresenta uno dei misteri più contraddittori e astrusi per studiosi e appassionati. Cosa determina nella realtà il valore di un’opera d’arte? Ognuno di noi, a seconda del proprio bagaglio culturale, tenderà a rispondere in modo diverso: un critico d’arte avrà un’opinione probabilmente contrapposta rispetto ad un economista o ad un giornalista.
Ma quali sono le variabili che, davvero, determinano il valore artistico ed economico di un’opera d’arte?

Il Mercato dell’Arte Contemporanea è un vero e proprio terreno di gioco per gli investitori e le speculazioni finanziarie.
I più fortunati acquistano a peso d’oro degli artisti (tendenzialmente americani) i cui prezzi lievitano a una velocità fenomenale, consentendo aumenti di valore calcolati in centinaia di migliaia di dollari, e persino milioni.

Tra gli artisti più quotati si annoverano Basquiat, Christopher Wool, Mark Bradford o Richard Prince. In particolare Basquiat, a cui si devono 20 delle 100 migliori aggiudicazioni dell’anno e che resta il primo pilastro economico del Mercato Contemporaneo. Si distinguono anche vari artisti cinesi, forti di un mercato interno motivato di fronte alla potenza americana. Una ventina di risultati cinesi si registra nella Top 100 delle aste con CHEN Yifei che culmina a 22,6 Mio$. Gli artisti europei, dal canto loro, sono meno rappresentati in queste classifiche, se non con qualche britannico maggiore come Cecily Brown, Antony Gormley, Peter Doig o Damien Hirst; i tedeschi Thomas SCHÜTTE e Albert OEHLEN; l’italiano Rudolf STINGEL. Quest’ultimo, tuttavia, da quando ha eletto domicilio a New York – piazza di mercato di tutti gli eccessi – è sostenuto più dagli acquirenti americani che dai suoi compatrioti.

Oggi, la potenza finanziaria del Mercato dell’Arte Contemporanea si basa solo su una manciata di artisti: i 500 artisti più venduti generano l’89% del profitto mondiale, sui 20.335 contemporanei di cui almeno un’opera è stata aggiudicata tra luglio 2017 e giugno 2018. Il trio di testa – composto da Basquiat, Doig e Stingel – concentra, da solo, il 22% delle entrate mondiali, vs il 27% per il podio dell’esercizio precedente costituito da Basquiat, Doig e Wool.

Intesa Sanpaolo ha recentemente pubblicato un report nel quale si descrive la relazione con un’opera d’arte attraverso una serie di indagini volte a raccogliere le risposte psicofisiologiche di differenti soggetti di fronte alle medesime opere, riuscendo a ottenere delle informazioni interessanti.
Ponendo a confronto i risultati, infatti, è stato possibile definire (pur con tutti i limiti scientifici che l’indagine presenta) il livello di risposta dei differenti soggetti di fronte a tre versioni del Martirio di Sant’Orsola (a opera di Caravaggio, Strozzi e Procaccini) e dell’Ultima Cena di Procaccini.
Grazie all’utilizzo di tecnologie di rilevazione, è stato possibile definire in che modo il campione abbia risposto (in termini di attenzione, di impatto emotivo, di livelli di coinvolgimento e di grado di piacevolezza esperito) nel trovarsi di fronte a questi grandi capolavori.
Questo tipo di indagini può generare un grande sviluppo nella definizione dei processi di attribuzione di valore, nonostante, ovviamente, i dati elaborati possano rappresentare soltanto un sottoinsieme delle analisi da condurre.

Ampliando il campo d’indagine, prevedendo altri tipi di strumenti che affianchino agli elementi di valutazione tradizionale anche nuove tecnologie di analisi avanzate, ci si potrebbe tuttavia trovare di fronte a risultati che potrebbero rappresentare delle spiegazioni sufficientemente ragionevoli di un processo estremamente complesso e all’apparenza volatile.

Certo, il lavoro da fare è tanto, ma si potrebbe iniziare con l’avviare ricerche tutto sommato semplici e sostenibili, come ad esempio valutare quale sia il livello di correlazione tra dati di questo tipo e altri tipi di indagini (attribuzione del valore, persistenza dell’oggetto, livelli di narrazione) al fine di comprendere come, soggetti differenti, possano arrivare ad attribuire un valore personale a un’opera d’arte che, magari, non conoscono. Si potrebbero poi estendere le ricerche a ulteriori settori (IT in testa) e confrontare (grazie anche all’avvento degli strumenti di analisi Big Data) quantità di informazioni sinora ingestibili in qualunque processo di ricerca.
Non è più possibile esimersi dal riconoscere la validità di questi strumenti. Oggi essi rappresentano meramente tecnologie, discorsi forse anche un po’ noiosi, da addetti ai lavori, ma che possono portare a risultati estremamente intuitivi e facilmente comunicabili. Era così per Internet, per i primi televisori, e per tutte le tecnologie che hanno dovuto introdurre nuove sintassi e grammatiche all’interno della vita di tutti i giorni.
Gli strumenti per fornire risposte sono sempre più evoluti.

È ora di imparare a fare le domande giuste.

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