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Il collo lungo e la somiglianza con Mastroianni: il ritratto “segreto” di Andreotti dipinto da De Chirico

A cura di redazione

Andreotti di fronte al ritratto dipinto da Giorgio De Chirico

Roma — Un collo affusolato, quasi da manichino metafisico. Uno sguardo enigmatico. Una vaga somiglianza con Marcello Mastroianni, all’apice della fama. È questo il sorprendente contenuto del ritratto “segreto” che Giorgio De Chirico realizzò di Giulio Andreotti negli anni Sessanta: un dipinto rimasto a lungo lontano dai riflettori, avvolto da un’aura di mistero e da un curioso aneddoto che lo stesso Andreotti raccontò più volte con ironia.

L’incontro tra il politico e il maestro della Metafisica

Secondo le testimonianze dell’epoca, fu lo stesso De Chirico a voler fissare sulla tela il volto di un giovane e già influente Andreotti. Il pittore, che allora stava vivendo una nuova stagione creativa, era affascinato dalla figura del democristiano, dalla sua postura “dritta e impenetrabile”, come amava definirla.

La scelta stilistica del maestro non stupisce gli esperti: il collo molto lungo, elemento volutamente accentuato, richiama i suoi celebri manichini, così come la costruzione quasi scultorea del volto. Perfino la rassomiglianza con Marcello Mastroianni — secondo molti osservatori non casuale — colloca il ritratto in un’epoca in cui il divismo cinematografico iniziava a contaminare anche la rappresentazione pubblica dei politici.

«Voleva che mi vestissi da paggio…»

A rendere la storia ancora più singolare è il retroscena che Andreotti raccontò anni dopo, con il suo tipico humor sottile. De Chirico, noto per la teatralità con cui preparava i ritratti, avrebbe chiesto al futuro presidente del Consiglio di presentarsi in studio… in abiti da paggio.

«Rifiutai cortesemente», ricordò Andreotti. «Gli dissi che non ero portato per il travestimento».

Il pittore, a quanto pare, non se ne fece un cruccio e proseguì comunque l’opera, reinterpretando liberamente l’immagine del politico. Il risultato fu un ritratto che, pur senza costume, conserva un che di scenografico, quasi un personaggio sospeso tra storia e rappresentazione.

P U B B L I C I T A’

Un’opera poco mostrata, molto discussa

Il dipinto non fu mai davvero esposto al grande pubblico. Rimase in ambito privato e venne citato soprattutto in occasione di interventi o memorie legate alla figura di Andreotti. Ma la sua fama sotterranea non smise di circolare: critici e storici dell’arte lo descrissero come un “incontro impossibile” tra la freddezza istituzionale e l’immaginazione metafisica.

Oggi, alla luce delle nuove ricerche sull’opera tarda di De Chirico, il ritratto torna a incuriosire: non solo come documento biografico, ma come testimonianza di un’epoca in cui la politica entrava sempre più nel territorio dell’immagine — talvolta anche attraverso l’occhio di un maestro dell’arte.

Un simbolo di un’Italia che cambiava

La storia del ritratto — con il suo collo allungato, il volto quasi cinematografico e quel paggio mai indossato — appare come una piccola ma eloquente metafora dell’Italia di quegli anni: un Paese sospeso tra tradizione e spettacolo, tra rigore istituzionale e desiderio di modernità.

Un dipinto forse “minore” nella sterminata produzione di De Chirico, ma capace di raccontare, con un solo sguardo enigmatico, l’incontro fra due mondi destinati a lasciare un segno nella cultura italiana.

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